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E’ vero che le pratiche di partecipazione dei più giovani, oltre a rappresentare un diritto sancito dalla Carta dei Diritti dell’Infanzia dell’ONU, dall’Unione Europea (2006) e dall’articolo 118 della Costituzione Italiana, fanno ‘bene’ e possono avere effetti protettivi rispetto allo sviluppo dei ragazzi? Tali effetti valgono anche per le fasce più disagiate e nelle aree con debole presenza del Terzo Settore? Questi sono solo alcuni degli interrogativi che lo studio si è posto e a cui ha cercato di dare risposta.
La ricerca, che ha riguardato giovani dai 15 ai 30 anni, è stata promossa da Arciragazzi Nazionale ed è stata condotta da CEVAS tramite l’uso dei social media (compreso Facebook), e grazie anche alla collaborazione di oltre 50 Enti, tra cui ARCI Servizio Civile Nazionale, RUM la Rete Universitaria Mediterranea, AGESCI, CESVOP, CSV.net, Eurodesk, Informagiovani, Comuni e Aziende Sanitarie Locali, oltre ad esperti della rete nazionale Pidida, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell’UNICEF, e docenti delle Università di Trento, Bologna, Valencia.
Allo studio hanno risposto 2070 giovani provenienti da tutte le regioni italiane; tra questi l’83,5% sono studenti o studenti-lavoratori e l’età media è di 21 anni.
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